Un anno dopo. Cosa ho imparato sui podcast del passato
Come promesso a giugno 2022, faccio il bilancio di un anno - e poco più - di newsletter. Qui è dove ti racconto cosa ho imparato sui podcast (e i podcaster) del passato, e cosa sarà del progetto.
Avevo promesso i dati della ricerca, lo so. Sono pochi, ma ci sono e sono abbastanza interessanti. Perciò ho deciso di dedicare loro una newsletter a parte e presentarteli nella prossima, anche perché non volevo mettere troppa carne al fuoco.
Eh già.
Perché l'anno è passato. I 365 giorni di questo esperimento sono trascorsi praticamente in un batter d'occhio. Per la precisione, sono "scaduti" un mese fa. E io, finora, ho proprio consapevolmente evitato di mettere mano alla newsletter per fare un bilancio, valutare quel che è andato bene e quel che è andato così così, chiedermi se sia stata davvero utile con questo progetto oppure no e se voglio continuarlo.
Ma adesso ci sono. Con un mese di ritardo, ma ci sono.
La mia prozia Isabella diceva sempre che Ferragosto è già Natale. Da Natale a Capodanno è un attimo, e a Capodanno è tempo di bilanci - si sa. Quindi che questa newsletter arrivi oggi, per quanto mi riguarda, ha perfettamente senso.
Perciò, mentre ti rilassi e ti godi il giorno di festa - che tu sia sotto l'ombrellone, in montagna a camminare verso un bel rifugio, in un parco cittadino o su un telo di spugna a bordo piscina - ti voglio raccontare cosa ho imparato nell’ultimo anno sui podcast che divulgano il passato, sugli ascoltatori, sui podcaster, su questa newsletter e un pochino anche su di me. E poi dirti quale sarà il futuro di questo progetto.
Con completa onestà.
In fondo, ci troviamo pur sempre nella grotta dei segreti di Dionisio, no?
Quello che ho imparato
I podcaster hanno voglia di fare rete
Parto dal manifesto che ho scritto sulla prima pagina del mio taccuino a fine giugno del 2022, punto 6. Volevo fare rete e anche un po’ di scouting, perché è facilissimo parlare di Chora, di Piano P, dell’ormai affermatissima Never Was Factory. È un po’ meno facile andare a cercare podcaster indipendenti interessanti, ma con numeri buoni o discreti. Da quel punto di vista, la newsletter è stata un successo. I podcaster indipendenti che divulgano l’archeologia, la storia e la mitologia sono diversi. Alcuni fanno un lavoro di ricerca estremamente interessante e a volte di grande successo, come nei casi di Marco Cappelli o di Alessandro Gelain. Le interviste che ho organizzato in un anno di newsletter mi hanno fatto capire che - proprio come accade in generale nel mondo del podcasting indipendente - la voglia di raccontarsi è tanta, così come la volontà di fare rete, di aiutarsi, di supportarsi, perché in diversi casi - ma non sempre - permane la consapevolezza che le persone e i legami vengano prima o vadano oltre le proprie opportunità di successo e il “business”.
Raccontare l’archeologia - rispetto alla storia e alla mitologia - è ancora difficile
È incredibile quanto sia difficile parlare di archeologia in un podcast. Questo perché trovare un modo per raccontare “le cose”, cioè gli oggetti e le rovine, e il metodo utilizzato per studiarle, rischia di trasformare il racconto in qualcosa di troppo didascalico e quindi per molti noioso o solo per addetti ai lavori. Ad oggi, i podcast narrativi migliori in cui si parla di oggetti e anche di resti umani - che, ricordiamolo, sono parte integrante della ricerca archeologica - a mio avviso sono due: Alla ricerca della vita, di Piano P e Labanof, di Rai Play sound. L’archeologia è però secondo me molto ben inserita anche nei podcast di viaggio, a cui ho dedicato ben tre numeri della newsletter, e in alcuni talk. In altri casi, si parla dell’archeologia attraverso degli escamotage, virando sulle biografie - che vanno fortissimo e sono efficacissime in ambito storico o mitologico - o su invenzioni letterarie dedicate a reperti illustri. Questi sono i casi in cui gli oggetti e le rovine in sé, cuore della disciplina archeologica, emergono meno rispetto alla narrazione stessa.
È giusto? È sbagliato? La risposta corretta è: va a gusti. Perché i podcast sono di diversi tipi - ci sono addirittura autori che considerano narrativi solo i podcast con interviste, separandoli da quelli narrati a una sola voce, o dai podcast fiction! - e ciascuno ha il suo preferito.
Gli ascoltatori sono di due tipi: e anche se il target è il medesimo, bisogna tenerne conto quando si progetta un podcast sul passato
È inutile girarci attorno. In un anno di ricerca, mi sono accorta che gli ascoltatori possono essere solo di due tipi. Ci sono quelli che provano interesse per gli “spiegoni”, e quelli che NON amano per nulla gli “spiegoni”. C’è chi preferisce una voce narrante che riassume i concetti e che ti spiega cosa sia accaduto o di cosa si parla, affiancando magari interviste e rumori presi “sul campo”; e chi preferisce ascoltare un bel racconto su un personaggio, su una battaglia, su un luogo, inframmezzando parole e suoni, andando a creare un’opera d’arte sonora (soprattutto quando narratore e sound designer sono molto bravi). C’è chi ogni tanto ha bisogno del recap, e chi preferisce perdersi nel fluido ascolto profondo.
Nessuna delle due modalità è giusta e nessuna delle due è sbagliata. Io lo confesso: mi riconosco nel primo tipo di ascoltatrice, ogni tanto ho bisogno del recap, dell’ironia, della voce narrante che si ferma e riavvolge il nastro. Questo non significa che non ascolti con piacere anche le altre tipologie di podcast, anzi. Significa però che, per i miei gusti, saranno spesso un po’ meno efficaci soprattutto nella divulgazione dell’archeologia rispetto al primo tipo di podcast.
Questo vizia le mie recensioni sulla newsletter? Ovviamente sì.
Mi impedisce di fare belle interviste ai podcaster? Ovviamente no.
Contribuisce però a riflettere seriamente su cosa intendiamo per podcast narrativo (se adottiamo una definizione estesa, come scritto sopra, ne esistono almeno di tre tipi!) e sulle strategie più efficaci per far arrivare al pubblico di riferimento informazioni e concetti.
Delle aspettative del target a cui si rivolgono i podcast sul passato ti parlerò nella prossima newsletter, con qualche dato alla mano.
Mi ha aiutata a superare i miei limiti e a stare bene
La newsletter sta andando bene, il podcast “meh”
Gestire newsletter e podcast assieme è stato sfidante e, ovviamente, mi è costato un po’ di tempo in più, considerando la fase di tagli dei file, di montaggio, di scrittura della parte narrante del podcast giornalistico. L’ho fatto volentieri, anche per non “stare ferma” in attesa di concretizzare nuovi progetti audio, ma comunque penso sia stato “troppo”. Inoltre, sapevo che ci sarebbe stato uno scarto tra lettori e ascoltatori, ma non mi aspettavo che il divario fosse così ampio: 10 a 1. Chi segue questa newsletter preferisce leggere. Il progetto è in piccola e costante crescita - anche grazie a endorsement importanti, come quello di Andrea De Cesco, Marco Cappelli e Galatea Vaglio - e quindi dopo un anno posso dire che sì, sta andando bene e no, non ho intenzione di chiuderla.
È stata utile, a me e agli studenti
In un anno, questa newsletter mi ha dato molto a livello umano, ma mi ha dato anche delle opportunità, alcune andate a buon fine, altre no, ma non è questo il punto. Il punto è che me le ha date. In particolare, per me è stato davvero importante e utile (e sfidante) partecipare a uno dei seminari organizzati all’interno del corso “Digital Methods for Museums and Public Engagement Dates”, dell’Università di Augsburg, con una lezione dedicata a podcast e social media per l’archeologia. So già che terrò una lezione simile, ma un po’ rimaneggiata, l’anno prossimo in Statale. Direi quindi che il progetto è stato e continua ad essere professionalizzante e ha raggiunto il suo scopo.
Quello che sarà
Come si trasformerà L’orecchio di Dionisio? L’ho già detto: la newsletter non la chiudo. Continuerò a proporti interviste e approfondimenti sui podcast del passato, recensioni, consigli e riflessioni. Non mollo la ricerca, ma dovrò rivedere le modalità di intervista - ma anche di questo parleremo nel prossimo numero.
Penso di separare le interviste dalle recensioni e quindi di sdoppiare la newsletter - sempre per non mettere ogni volta troppa carne al fuoco. La parte audio ci sarà, ma cambierà. Nei prossimi numeri troverai qualche insert in più, qualche podcast in meno, che comunque non riproporrà più l’intervista del mese pari pari.
Lavorerò sul nuovo piano editoriale da ottobre in poi, quindi è possibile che mi prenda un mese di pausa (ma nel caso, ve lo scriverò sui social e su notes). Ultima nota: dato che la realizzazione di questo prodotto editoriale mi richiede circa 25 ore al mese, non escludo, in futuro, di chiedere un piccolissimo contributo (ma davvero piccolo piccolo) per alcuni dei contenuti di maggior spessore. Anche questo lo deciderò durante la redazione del nuovo piano editoriale.
Questo è tutto.
Voglio ribadirti la mia gratitudine per la tua iscrizione a questa newsletter. Se per caso invece la leggi, ma non hai ancora deciso se iscriverti per paura dello spam… ok, lo capisco. Però, come ho scritto, non sono invasiva. Quindi, se cambi idea, ti lascio il form di iscrizione proprio qui sotto.
Buone Feriae Augusti!