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Concordo col fatto che l’archeologia venga usata in alcuni contesti geografici per avallare politiche espansionistiche. Ed è indubbio che i massicci bombardamenti israeliani su ospedali e altri edifici civili a Gaza siano dei crimini di guerra.

D’altro canto, nella narrazione del conflitto Israelo-palestinese, emerge dalle parole di Chiara Boracchi un pregiudizio ideologico che contrasta col modus operandi della giornalista votata a descrivere la realtà con precisione, in tutte le sue sfaccettature. Nel momento in cui si minimizza la portata devastante dell’attacco di Hamas del 7ottobre, mettendo in relazione le “poche centinaia di israeliani” con le “migliaia di civili che vivono a Gaza”, appare chiara la scelta di campo di Boracchi che, in sintesi, esprime la sua pietas solo nei confronti delle vittime palestinesi . Sicuramente il buon giornalismo percorre altre strade, fa risuonare in egual misura tutte le voci. Ad esempio, una osservatrice lucida dovrebbe dire che Hamas e i Paesi che lo sostengono (Iran, Turchia, Siria, Qatar, Arabia Saudita) sono tra le peggiori dittature al mondo. Basti ricordare che in Iran gli oppositori e le oppositrici del regime vengono impiccati, a Gaza sono gettati nel vuoto dai piani alti degli edifici, in Turchia si mettono in carcere i giornalisti e in Arabia Saudita li si fa a pezzi.

Una tesi che Chiara Boracchi e Sara Corona mettono giustamente in risalto è quella secondo cui l’archeologia costruisce ponti tra passato e presente, lo studio di antiche civiltà ci aiuta nella comprensione del nostro tempo. Così, tra le pagine di Plutarco, veniamo a sapere come i Romani si liberavano dei loro nemici. Cartagine, una potente colonia fenicia, rappresentava da tempo una seria minaccia alla sicurezza di Roma, così venne rasa al suolo. La ritrovata serenità fu sancita in Senato da Catone con la frase “Carthago delenda est”.

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