Venezia, una figlia ingrata e avida
Proto-capitalismo, proto-colonialismo e propaganda. La crociata del 1204 ha tutti gli ingredienti per farci riflettere sulla contemporaneità. Ne ho parlato col podcaster e divulgatore Marco Cappelli

In questo numero:
Intervista al podcaster e divulgatore di storia Marco Cappelli sul suo ultimo libro “Quando Venezia distrusse l’Impero Romano”;
Consigli d’ascolto.
Poco più di un mese fa mi trovavo alla Biblioteca Ostinata di Milano a presentare l’ultimo libro del podcaster e divulgatore di storia Marco Cappelli, dal titolo “Quando Venezia distrusse l’Impero Romano - 1204. La crociata dei bugiardi contro Costantinopoli”. È andata molto bene, il pubblico ha apprezzato la chiacchierata, Marco ha firmato non so quante copie e io mi sono molto divertita.
Come ti avevo anticipato, i temi della presentazione saranno al centro di questo numero della newsletter. L’intervista a Marco è stata l’occasione per divagare tra passato e presente e affrontare, in particolare, quella spaccatura culturale tra Occidente e Oriente che è iniziata sì con lo scisma1 provocato dalla Chiesa di Roma nell’XI secolo da Papa Gregorio VII, ma che è diventata davvero insanabile solo poco più di un secolo dopo, quando i crociati, invece di dirigersi in Terrasanta, vengono dirottati verso Costantinopoli. La attaccano, la saccheggiano, bruciano interi quartieri, di fatto la indeboliscono dando il via a un lento declino dell’Impero d’Oriente.
Si tratta di una spaccatura che continua ad avere ripercussioni anche sul nostro presente. Ho provato a capire con Marco perché e su cosa dobbiamo riflettere per comprendere meglio anche il mondo in cui viviamo.

Un passaggio di consegne
Se il libro di Cappelli, scritto come un avvincente giallo, si concentra sulla quarta crociata (e non su quelle precedenti2) e sul ruolo di Venezia, è per le due grandi passioni dell’autore: “la storia cosiddetta bizantina o romana medievale e la storia italiana. E la quarta crociata è il perfetto punto d'incontro tra le due”.
Ma non solo. “È anche quasi un passaggio di consegne, in cui Costantinopoli3, che è la più importante città del Mediterraneo, passa il testimone a Venezia e in generale all'Italia nel suo complesso, come punto focale di quella stessa area”.
La protagonista del libro viene descritta come la figlia di Nuova Roma, “anche se non nasce bizantina, nasce romana. Ma quando si coagula sulle isole Realtine, cioè dove oggi è il centro storico della città, sostanzialmente Venezia è un pezzo dell'impero bizantino. E anche quando questo legame di interdipendenza si allenta - molto lentamente - comunque per Venezia il punto di riferimento rimane sempre la ‘madrepatria’, perché Costantinopoli è di gran lunga la piazza commerciale più importante".
Quasi tutta questione di soldi
In questa storia, i soldi, i commerci, i debiti, le questioni economiche in generale sono fondamentali. E Cappelli, che è ‘cintura nera’ di spiegazioni economico-fiscali del passato, su questo primo tema è chiarissimo. "I crociati parlano di soldi in continuazione. Devono guadagnare, restituire prestiti... Nelle fonti, ci sono una serie di ragionamenti economici che noi di solito non associamo alle crociate. Tutti questi sono sintomi di quel proto-capitalismo europeo, che poi rappresenta il motore del grande boom medievale”.
E Venezia, che interessi ha? “Ci vuole un secolo per arrivare alla quarta crociata, anche se la fase acuta è racchiusa in trent'anni, quindi anche nella vita del doge Enrico Dandolo che finirà, cieco e novantenne, a conquistare Costantinopoli”.
Tutto inizia nel marzo del 1171, quando l'imperatore Manuel Komnenos punisce molto severamente i veneziani che vivono a Costantinopoli per un loro precedente attacco ai ‘concittadini’ rivali pisani e genovesi: blocca le loro navi e i loro carichi in partenza da Nuova Roma e li arresta, privandoli della libertà per qualche anno. “Questo genera grosse perdite finanziarie per Venezia. E quella classe dirigente lì, tra cui c’è anche Dandolo, che è stata colpita nel portafoglio, se la lega al dito. Fin quando non riavrà indietro ogni singola moneta d'oro che ha perso, continuerà a martellare l'Impero per riaverla”. Quella finanziaria non è l’unica questione importante che fa dirottare la crociata. Ma, specifica Cappelli, è “l'humus che permette alla quarta crociata di essere qualcosa di interessante per i veneziani. Detto questo, non credo che il saccheggio di Costantinopoli fosse l'obiettivo primario”.
Per un pugno di ‘oligarchi’
Il secondo grande tema del libro è politico. A guidare la quarta crociata è un pugno di persone - tra cui il figlio del vecchio imperatore detronizzato, il marchese del Monferrato, il duca di Svevia, lo stesso doge Dandolo - che non vuole solo spremere Costantinopoli, ma ha anche altri interessi. “I crociati - in particolare quelli relativamente poveri - vogliono andare in Terrasanta a combattere gli ‘infedeli’, quello è il loro obiettivo, il loro sogno”. E quello è anche l’ordine del Papa. “Per superare le resistenze dei crociati, che mai avrebbero voluto combattere contro dei correligionari, il gruppo dirigente si è servito di un’abile propaganda”. Che funziona fin troppo bene: proprio questa impresa sdogana, in Occidente, la violenza contro gli altri cristiani considerati eretici e dà il via a numerose future stragi.
“Io ci trovo quasi un meccanismo proto-democratico in un'epoca che democratica non è”, dice Cappelli. “È evidente che questi signori della crociata non possono ordinare all'esercito di fare quello che dicono loro. Li devono convincere per farsi seguire e combattere contro altri cristiani”. E continua: “Se tu prendi i discorsi che fanno i cavalieri e i vescovi latini nel 1204 e sostituisci ‘il giusto cristianesimo’ con il termine ‘democrazia’ o altre variabili di questo genere, come ‘i diritti umani’, ti rendi conto che sono veramente molto simili a discorsi che sentiamo ancora oggi: noi siamo migliori di voi, quindi abbiamo diritto a conquistarvi. Abbiamo diritto ad occuparvi”.
Proto-colonialismo in azione
Eppure, Costantinopoli era una sorta di ‘protettrice e alleata’ degli stati crociati d’Outremer, ovvero quei regni, che Marco nel libro definisce proto-coloniali, che si erano formati dopo la prima crociata e che erano sotto il controllo diretto dei latini.
"Con le crociate, l'Europa latina va ridisegnare i confini dell'Oriente, come farà poi in Asia, in Africa e in America, cioè andando a creare una casta di occidentali che domina tutto, cambiando tutti i flussi commerciali per reindirizzarli verso Occidente, e questo è un elemento di diversità. Le conquiste ci sono sempre state”, specifica Cappelli. “Quello che però è radicalmente diverso è che di solito, nel giro di poche generazioni, si arrivava una fusione del conquistato e del conquistatore. Qui, l'Oriente conquistato dai latini non ha semplicemente cambiato padrone, ma è stato rimodulato e ricostruito a immagine e somiglianza del conquistatore”.
Nell’XI secolo, Siria e Palestina sono territori dove c'era una forte popolazione di cristiani orientali, che insieme ai musulmani vengono oppressi da una minoranza di latini, “e quindi sono entrambi molto arrabbiati, i cristiani forse più dei musulmani. C'è chi dirà ‘meglio il turbante del sultano che la tiara del Papa’. Con questo non voglio dare l'idea manichea che ci sia un Occidente cattivo e un Oriente buono. Voglio sottolineare che siamo di fronte a un modo di conquistare, e di gestire i territori conquistati, diverso e in discontinuità con i metodi precedenti".
Cosa resta oggi della quarta crociata
Secondo Marco, questo atteggiamento dell'Occidente influenza quello che poi diventerà il cuore dell'ortodossia dopo la caduta di Costantinopoli, cioè la Russia. “In parte è attratta dall'Occidente, in parte ne è disgustata. Certo non si può far risalire tutta la conflittualità alla quarta crociata. Però c'è un pezzo di questa ostilità reciproca che viene anche da lì, e che è rimasta persino quando sono cambiati i sistemi politici. Questo è evidente anche nel conflitto in Ucraina”.
E l’ex-Outremer? “Se tu vai a vedere i confini dei regni crociati e li sovrapponi su Israele sono quasi identici, e questa cosa a noi non fa nessun effetto, al massimo la troviamo curiosa. Per il mondo arabo invece il paragone tra crociate e quello che accade oggi è molto forte, come fosse un unico, lungo filo conduttore4”.
E continua Marco, “Questo è il motivo per cui studiamo la Storia. È vero, non si replica mai esattamente nello stesso identico modo, però mantiene dei fili conduttori ed è molto utile per comprendere molti pezzi della contemporaneità. Ci sono delle chiavi di lettura che servono per comprendere il presente, ma anche il futuro e non venire presi alla sprovvista ogni volta che accadono gli avvenimenti. Più siamo consapevoli del passato, più possiamo non farci fregare dalla propaganda del presente e dalle fake news usate dai propagandisti di ogni epoca per convincerci a fare quello che avremmo considerato disdicevole fino a poco tempo prima. Ecco, penso che questo sia uno dei dei messaggi più importanti del libro”.
Consiglio d’ascolto
Alla fine di questo numero, ti consiglio la puntata del podcast di Barbero che si occupa della quarta crociata. L’ideale sarebbe ascoltarla dopo aver letto il libro, per avere già ben chiari il ruolo di Venezia, i protagonisti e i complicatissimi intrecci politici raccontati nel libro.
Per circa mille anni, le chiese cristiane (plurale) e i patriarchi dell’area mediterranea hanno preso decisioni sulla dottrina, sui dogmi, sulla legge canonica in maniera collegiale, in grandi concili ecumenici, dunque universali, indetti e presieduti dall’Imperatore dei Romani.
In quel lungo lasso di tempo, la lingua della Chiesa è stata principalmente il greco, anche perché i principali patriarchi si trovavano nella parte orientale dell’Impero - Costantinopoli, Antiochia, Gerusalemme e Alessandria d’Egitto - mentre solo uno si trovava nella parte occidentale, a Roma. Certo, era “il successore di Pietro”, ma comunque “solo” un vescovo, eletto tra i preti della diocesi di Roma, che al massimo aveva un potere “regionale” e non aveva alcuna autorità sui vescovi nominati nelle altre diocesi occidentali.
Il potere politico del papa di Roma si rafforza già negli ultimi anni del IV e poi V secolo, dopo che l’imperatore Graziano, sotto l’influenza di Ambrogio, vescovo di Milano (sì, lui) rinuncia alla carica di Pontefice Massimo, che passa al vescovo di Roma. Nell’VIII secolo invece i territori dell’Italia centrale diventano sempre di più uno Stato governato dal Pontefice e protetto grazie all’alleanza coi Carolingi. Tra X e XI secolo gli Ottoni mettono lo Stato pontificio sotto l’autorità dell’Imperatore tedesco, l’elezione dei papi diventa appannaggio dei soli cardinali che in quel periodo nominano anche diversi papi tedeschi.
Nel 1050 diventa papa un toscano, Ildebrando di Soana, cioè Gregorio VII, che promuove la superiorità della Chiesa di Roma sugli altri patriarcati. Nel 1054 si verifica lo scisma tra Roma e l’Oriente. Nel 1073, il papa emana il Dictatus Papae, cioè 27 assiomi che estendono ufficialmente il potere del papa di Roma sopra quello dell’Imperatore, ma anche degli altri patriarchi orientali. Da questo momento, i papi pretenderanno fedeltà e sottomissione dagli altri patriarcati e considereranno la Chiesa di Roma come l’unica vera Chiesa.
Le crociate sono le guerre sante cristiane, prima contro gli "infedeli" e poi, dopo quarta, anche contro i correligionari. Dalla 1 alla 3:
Prima crociata (1096-1099): indetta da papa Urbano II durante il Concilio di Clermont per aiutare Costantinopoli contro i Turchi. Il papa promette ai pellegrini armati la totale remissione dei peccati. Gerusalemme viene "liberata", si formano i regni di Outremer, Roma impone a Gerusalemme e ad Antiochia due patriarchi di rito latino.
Seconda crociata (1147-1150): annunciata da papa Eugenio III e guidata da regnanti europei, ovvero Louis VII di Francia e Konrad III di Svevia, è conseguente alla caduta della contea di Edessa (uno dei regni di Outremer). I cristiani vengono sconfitti dai Turchi selgiuchidi e si rafforza il potere arabo in Terrasanta.
Terza crociata, nota come la "crociata dei re" (1189-1192): viene combattuta oltre che dai pellegrini armati, anche da numerosi re e nobili europei (come Richard 'Lionheart' d'Inghilterra) per liberare nuovamente Gerusalemme, ora sotto il controllo del sultano Saladino. Sì, è la stessa crociata di Robin Hood. I crociati non liberano Gerusalemme, ma ottengono libertà di circolazione tra gli Stati di Outremer e le terre musulmane, compreso il diritto al pellegrinaggio disarmato, e il controllo delle terre tra Tiro e Giaffa.
Nuova Roma è una sorta di "arca" del periodo classico. È capitale d'Oriente dell'Impero dei Romani (i costantinopolitani chiamano se stessi Romaioi). È sede di un importante patriarcato cristiano. Si assume il ruolo di evangelizzare i popoli orientali non ancora cristianizzati, non con la violenza, ma con le trattative diplomatiche. Si assume anche il ruolo di proteggere i luoghi sacri in Palestina, primo fra tutti il Santo Sepolcro. La Terrasanta, nell'XI secolo, è infatti in mano araba. Ma l'Imperatore raggiunge un accordo con il califfato sciita dei Fatimidi e ottiene sia il controllo dei luoghi santi, sia la possibilità di eleggere il patriarca di Gerusalemme (oltre a quello di Costantinopoli stesso e Antiochia). Nuova Roma controlla quindi tre patriarcati su cinque.